Comunicazione onesta

Si dice che siamo nel secolo della comunicazione, ma continuiamo a non capirci. Le parole servono a trasmettere al nostro prossimo i concetti che si sono formati nella nostra mente, ma spesso sono inadeguate a illustrare tutte le sfumature del pensiero e d’altro canto non sempre il nostro interlocutore è in grado di tradurre le nostre parole con l’esatto significato che noi abbiamo voluto dare a esse. Insomma sovente non siamo capiti o il nostro pensiero viene travisato oppure non siamo stati capaci di trovare le parole appropriate per farci capire. Questa maledizione che si chiama “incomunicabilità” non è facilmente esorcizzabile perché fa parte della natura dell’uomo. Ognuno di noi ha nella mente dei preconcetti che possono provenire dalle sue esperienze o dalla sua educazione, attraverso i quali filtra e seleziona le notizie che gli arrivano dall’esterno. Dopo di che ci facciamo un opinione che è solo tale e che non va confusa con la verità assoluta. Ricordate la commedia di Pirandello “Così è se vi pare”? È un chiaro esempio di quello che ho cercato di esprimere. Se ora trasferiamo i nostri concetti alla pubblicità o alla politica le cose si complicano ulteriormente perché qui veramente le informazioni ci arrivano incomplete, confuse, contraddittorie, spesso bugiarde con il solo scopo di fare l’interesse di chi ce le propina. Ma qui il discorso si fa troppo complicato e necessiterebbe di una considerazione a parte ed io invece voglio uscire da questo preambolo per arrivare a parlare di quello che veramente mi interessa e cioè dell’interpretazione ragionata di molti fatti che all’apparenza possono sembrare mostruosi.

Negli ultimi mesi della lotta partigiana sentimmo parlare di comunismo per bocca di amici che erano più preparati di noi sull’argomento. Il comunismo per noi era sempre stato l’antitesi di fascismo, non conoscevamo altre scelte. Era facile allora per noi gente impoverita e massacrata credere e aspirare a uno stato dove non ci sarebbero più state ingiustizie e disuguaglianze, dove i poveri avrebbero avuto le stesse possibilità che finora avevano solo i ricchi e cioè l’accesso allo studio e alle carriere più prestigiose col solo valore dei propri meriti. Sotto la protezione di uno stato guida saremmo stati condotti per mano verso il benessere collettivo e la pace universale. Sfido chiunque nelle nostre condizioni con le scarse conoscenze delle questioni economiche di uno stato, a non rimanere affascinato da questi pensieri. Il comunismo, mi spiegava Lino Marini, diplomato del liceo classico e mio caro amico e compagno di scalate su tutte le vette delle Alpi Marittime, abolirà la proprietà privata però in compenso darà a tutti i cittadini secondo i loro meriti, per poi passare in un secondo tempo a dare a ciascuno secondo i propri bisogni. Mi diceva pure che la differenza tra socialisti e comunisti consisteva nel fatto che mentre i primi volevano raggiungere il potere attraverso via legali, per i comunisti il potere doveva essere raggiunto attraverso la lotta armata popolare così come era accaduto in Russia. Altro concetto fondamentale era la necessità per la sopravvivenza del comunismo che questo si diffondesse rapidamente in tutte le nazioni del mondo, in modo da eliminare per sempre le guerre alimentate dal capitalismo al solo scopo di lucro. I comunisti convinti credevano in tutte queste cose come un buon cattolico crede nel vangelo.

Per questo ideale erano pronti a qualsiasi sacrificio, anche a costo della loro vita. La lotta partigiana non era nata con questi propositi, ma ora che i nazisti erano sconfitti e che l’Italia era nel caos più totale sembrava fosse arrivato il momento giusto per approfittare dell’occasione, tanto più che la maggior parte delle armi non era stata consegnata. Un freno all’azione ci veniva dal fatto che l’Italia era occupata ancora dagli alleati che non vedevano di buon occhio il sorgere di un forte partito comunista. Ci tratteneva, inoltre, l’esempio della Grecia dove il tentativo di prendere il potere da parte dei comunisti era stato soffocato nel sangue. Allora si diceva di avere pazienza che la seconda ondata sarebbe arrivata a tempo debito e che avrebbe fatto pulizia di tutti gli oppositori. In questa atmosfera infuocata non è difficile immaginare che alcuni esaltati, oggi verrebbero chiamati fondamentalisti, avessero cominciato la lotta per conto proprio. E questo spiega, anche se non giustifica, il perché di tante uccisioni nelle zone particolarmente calde, come nell’Emilia, dove erano ancora probabilmente vivi i ricordi delle lotte agrarie.

Nessuno di noi sapeva allora delle nefandezze compiute da Stalin per cercare di instaurare quest’ordine nuovo che alla fine si dimostrerà utopistico e feroce tanto quanto la dittatura nazista e perciò crollerà inesorabilmente. È troppo facile oggi condannare senza appello i giovani che hanno creduto in un ideale e combattuto per la sua realizzazione con mezzi che oggi noi non approviamo. Ma se volgiamo arrivare a una vera riappacificazione degli animi bisognerà cercare di far venir fuori la verità per capire le cause che hanno originato certi contrasti e con buona volontà cercare una soluzione ragionevole. Io non vedo come si potrà abolire in futuro la lotta sociale, fra ricchi e poveri continuerà ancora per tempi indefiniti, specialmente se ci sarà sempre gente che per interessi personali soffierà sul fuoco del malcontento, spesso di origine patologica. Io credo nell’evoluzione dell’uomo e penso che un giorno si avvererà quello previsto dal vangelo: “un solo gregge un solo pastore”. Ma qui entriamo nel regno delle favole. Però sperare fa bene al cuore. Per finire mi pongo una domanda: sono riuscito a trasmettere al lettore il vero senso di quello che avevo in mente? Perché non provate anche voi a dire la vostra opinione? Ne potrebbe venir fuori un dibattito molto costruttivo.