Il sangue dei vinti

Sono da tempo un attento lettore dei giornalisti Pansa e Bocca e ho letto quasi tutti i libri che hanno pubblicato. Non potevo lasciarmi sfuggire il “Sangue dei Vinti”, pubblicato da Pansa nel 2003 e che ha suscitato un vespaio di polemiche, a volte anche molto aspre, da parte di Bocca e di molti personaggi della sinistra italiana. Di questo libro mi colpì il fatto che l’autore avesse disinvoltamente mescolati fatti che riguardavano le rappresaglie dei primi giorni dell’insurrezione con i delitti avvenuti dopo lo scioglimento delle brigate dei volontari. Nella convinzione che fosse giusto fare sentire anche la mia voce su un argomento che mi toccava da vicino per il modo confuso in cui venivano presentati i fatti, che potevano anche essere veri, ma così come Pansa li esprimeva avrebbero potuto nuocere al buon nome di tutti quei partigiani onesti di cui mi onoro di far parte, mi permisi di far conoscere il mio pensiero scrivendo la seguente lettera.

Non ricevetti nessuna risposta, ma non posso fargliene una colpa essendo la mia solo una delle duemila e passa lettere che il Pansa avrà ricevuto di commenti sul suo libro. Le mie puntigliose osservazioni erano certamente marginali, ma uno scrittore onesto dovrebbe rendersi conto che basta una piccola falsità a incrinare e mettere in dubbio la credibilità di tutto il resto del libro. Dopo quel libro ne uscì un secondo “Sconosciuto”. Anche in questo caso il buon Pansa ha voluto raccontare fatti, quasi sicuramente veri, ma visti con gli occhi dei parenti degli uccisi senza mai citare o almeno accennare ai veri motivi che avevano portato all’uccisione di quelle persone. Io non voglio difendere nessuno e tanto meno quelli che credendo di seguire un ideale di giustizia sociale si sono macchiati di inutili delitti. Purtroppo gente di quel tipo è sopravvissuta molto più a lungo di quello che è stata la guerra civile seguita al 25 aprile, basta pensare alle imprese delle brigate rosse (mi stupisce che Pansa non abbia inserito sul suo libro anche i morti di questi ultimi dicendo magari che gli autori erano figli di ex-partigiani!). Quello che rimprovero all’autore di quei libri è il tono volutamente o involontariamente provocatorio con il quale espone i fatti. Nessuno viene semplicemente ucciso, ma assassinato, torturato, seviziato, trucidato, massacrato e così via, le donne sono poi state stuprate, violentate, brutalizzate.
Una persona seria come vuole essere Pansa dovrebbe in mancanza di prove certe almeno andare piano con l’uso delle parole. Il risultato finale non cambierà i fatti, ma l’impressione che farà sul lettore è molto diversa. Farsi raccontare da un figlio il motivo per cui il proprio padre è stato ucciso non può che essere una visione molto personale anche se più che giustificata. Se il padre fosse stato una spia anche se per tutto il resto fosse stato un uomo esemplare, il figlio sarebbe portato a nascondere anche a se stesso gli errori del padre. Ed è per questo che le testimonianze di parte danno l’impressione al lettore che l’autore si sia schierato deliberatamente da una parte politica per motivi non sempre chiari. Il suo ultimo libro, uscito proprio in questi giorni, dal titolo “La grande bugia” riprende e cerca di giustificare tutte le osservazioni più o meno benevole che ha ricevuto dai lettori delle sue precedenti fatiche. In modo particolare, se la prende con i membri dell’ex-partito comunista che lui ha chiaramente messo in cattiva luce.

Non c’é alcun dubbio che il partito comunista di allora si sia appropriato di tutti i meriti delle resistenze e ne abbia fatto oggetto della sua propaganda. Ma c’é da stupirsi per questo? Forse che oggi le cose sono cambiate e tutti i partiti mentono per tirare acqua al proprio mulino? Fin dagli anni ’50 Ferruccio Parri aveva pubblicamente deplorato tutte le uccisioni avvenute dopo il ritorno della legalità e a mio modo di vedere Pansa non si dovrebbe scandalizzare troppo se qualcuno sentendosi parte in causa aveva cercato di nascondere all’opinione pubblica l’operato di certe schegge impazzite che loro non potevano sconfessare perché erano state nutrite al loro seno, ma delle quali non potevano condividere l’agire nell’illegalità. Altro discorso è quello di Bocca che viene onorato in questo libro con un intero capitolo a lui dedicato, dove viene chiamato l’uomo di Cuneo. Lo sfogo di Pansa è veramente patetico, arriva a dire che Bocca lo critica perché è geloso dei suoi successi editoriali. Beghe tra giornalisti, cosiddetti opinion leaders, che non depongono a favore del loro buon gusto. Bocca viene definito un voltagabbana per essere stato a suo tempo un fascista, poi berlusconiano, tutte accuse che non si dovrebbero mai fare fra colleghi in quanto si suppone che un giornalista del loro calibro non dovrebbe mai schierarsi apertamente per una parte. Che Bocca possa apparire arrogante non lo metto in dubbio, conosco il tipo, ma questa è anche la sua forza, la stessa che ha Pansa quando difende le sue opinioni. In fondo sono entrambi persone che traggono il loro benessere quotidiano dalla penna, il loro successo depone a favore della loro intelligenza che non possiamo mettere in dubbio, scrivono sullo stesso giornale, L’Espresso, provengono entrambi dalla stessa matrice politica...

Non può apparir lecito sospettare che tutte queste diatribe siano costruite ad arte per creare più curiosità tra i lettori, per aumentare la loro popolarità e di conseguenza i loro guadagni? Io sono dell’opinione che nello scrivere “Il sangue dei vinti”, Pansa abbia inteso sfruttare una nicchia fino ad adesso poco esplorata perché “non political correct”. Il successo editoriale e le comparsate in dibattiti televisivi (certamente ben pagati) gli ha dato ragione. Sulla scia di quel successo ha pubblicato “Sconosciuto” e “Grande bugia”, sperando di bissarne il successo ed è questo secondo il motivo principale per cui non ha esitato a mettersi contro un gran numero dei suoi compagni di sinistra. Ha ormai raggiunto l’età della pensione, 71 anni, e si può permettere di parlare male di tutti. Buona fortuna a lui! Ma quanto opportunismo e quanta mala fede! Sarà la storia con la “s” maiuscola che farà pulizia di tutte queste ripicche.